"oddio mi sento le caviglie in catene"

domenica 15 febbraio 2015

senza titolo 12



Le piaceva guardare dentro le finestre. Era il suo piccolo segreto con il mondo. Non ne aveva di segreti, in generale non le piacevano, preferiva conoscere gli altri e conoscerli bene. Crescendo si era resa conto che non sempre è possibile, incontrando persone nuove con tutta una vita precedente, vissuta in altri luoghi, alcuni, anzi molti, dei quali lei non aveva neppure mai visto. Aveva capito che anche conservare un piccolo segreto come quello che lei si portava dietro ormai da due anni poteva essere la salvezza di una persona.
E nel suo caso era stato la sua. Nei freddi ma assolati pomeriggi d’inverno, o nelle calde sere d’estate, le piaceva aggirarsi nelle piccole vie del suo quartiere e osservare le vite degli altri. Erano sguardi sbrigativi, ai quali sfuggiva quasi la totalità delle cose, o almeno il loro essere d’insieme. Avendo in media pochi secondi per guardare dentro le case aveva sviluppato un interesse speciale per i particolari. Infilava quegli occhialini piccoli, che le stavano poggiati, stretti, sul naso un po’ pronunciato e si lanciava in spedizioni solitarie. Alcune volte quando coglieva un particolare che le sembrasse interessante si fermava e annotava minuziosamente sul suo quaderno cosa aveva visto, dove e in poche parole le sue prime impressioni. Altre volte invece distoglieva lo sguardo e restava solo impressa nella sua mente l’immagine di un oggetto, di una schiena, di un animale o dello schermo della tv. Si era trasferita in quel Paese magico dove le persone non avevano le tende alle finestre. Da dove veniva lei tutto ciò sarebbe stato inconcepibile. Vecchiette che pure senza mettere piede fuori dalle loro case per giorni e giorni si nascondevano dietro le tende logore e osservavano tutto, sapevano tutto, vivendo nell’illusione che un velo le avrebbe schermate dalle dicerie sul loro conto, salvandole da un passato spesso indicibile. Conservavano dentro le loro case dalla puzza di vecchio i loro piccoli stupidi segreti, che non erano segreti per nessuno in realtà. Un esercito di vecchie con le mani nodose a scostare lievemente drappi di vergogna, mentre il mondo fuori continuava a scorrere verso una direzione indipendente da loro. Qui invece nessuno aveva questo senso di pudore. Buona parte della motivazione era data dall’assenza di sole durante i lunghi inverni fatti di giornate cortissime e neve e vento freddo proveniente dalla Russia. Coprire i vetri, dunque, non pareva una buona idea o per lo meno non pareva essere una necessità. E questa particolare condizione le aveva permesso di dare libero sfogo a questa sua piccola attività clandestina, lei che di clandestino non aveva mai fatto niente nella sua vita.
Quella sera uscì in perlustrazione come la settimana precedente, e quella prima ancora, aveva da andare a vedere la casa all’angolo dove pochi giorni prima si era trasferita una famiglia con due bambini. La casa era al piano terra, quindi assolutamente ben visibile dalla strada e senza troppo sforzo. Era anche una casa molto attiva, con grande fermento, forse dovuto al trasloco appena finito o alla presenza dei due pargoli. Le sembrava avessero uno 3, l’altra 6 o forse 7 anni. La settimana precedente aveva notato solo alcune scatole, residui della famiglia precedente e allegria. Voleva registrare, quella sera, se quell’allegria fosse duratura. Pensò mentre usciva di casa che l’assenza di filtri e coperture le avrebbe forse permesso di lì a pochi mesi di cominciare a vivere la sua seconda vita, segreta.

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