"oddio mi sento le caviglie in catene"

martedì 30 giugno 2015

Senza titolo 20

Solitudine, che si attacca addosso come lenzuola nelle notti d'Agosto.

Ti prende alle spalle, in un giorno qualunque, quando non sei solo.
E ti blocca, ti stringe le mani e le chiude a circondarti la gola.

Rivoli d'acqua stagnante ti scorrono tra i piedi, ti spengono l'interruttore della voce. Vorresti gridare ma non puoi, vorresti distendere le braccia ma non puoi. Tutto ciò che vorresti, fosse anche solo una banalità, non puoi averlo e non ti accorgi che lo possiedi già.

Poi esplodi e ti distruggi in milioni di piccolissimi pezzi, che si spargono sul pavimento, mentre gli altri attorno a te riempiono i bicchieri e brindano, ballando sui tuoi resti.

Alla fine ti svegli, stai bene svuotato di tutto. Afferri un pensiero e te lo annodi al polso, eterno ricordo della grande verità che, rinascendo bianco come una prima pagina, dimenticherai.



Senza titolo 19 (come me)



Pensavo a quanto sarebbe meraviglioso svegliarmi domattina e sapere esattamente che sto facendo la cosa giusta. Mi alzerei, andrei in cucina a fare il caffè, con i movimenti insonnoliti ma precisi, limati dall’abitudine, e chiudendo la caffettiera guarderei il muro bianco fare contrasto con il lavandino in acciaio. Poi la poggerei sulla piastra già accesa, livello 3, coprirei la distanza che mi divide dal bagno e mi guarderei allo specchio. Immagino di vedere il mio viso riflesso e non esagerarne i difetti, poi voltarmi, tornare in cucina e fare colazione. E seduta alla mia sedia, quella di legno, osservare il resto del mondo svegliarsi con il proprio ritmo e agire con la mia stessa nuova consapevolezza.
Ho creduto nella possibilità di riempirmi di tutte le cose necessarie, respirare profondamente la calma della mattina, eliminando le ansie, le paure e questa inspiegabile calamita che mi attira come fa il nord con l’ago della bussola.
Poi il sole è sorto, io ho aperto gli occhi e nello specchio ci ho guardato dentro ma ci ho visto i vecchi difetti. Fermate la mano che muove il tappeto sul quale cammino, regalatemi venti anni e un po’ di serenità.