Questo è quello che è uscito da una passeggiata di 15 minuti in una via, aimè, deserta.
Sono le tre del mattino. La giornata è stata più lunga del
previsto, sei uscito con il sole e adesso fa freddo.
La strada che ti riporta a casa è completamente vuota, quasi
non la riconosci, eppure l’hai percorsa tutti i giorni in cui hai trovato il
coraggio di affrontare il mondo. Ma nei tuoi ricordi è popolata da decine di
persone che intorno a te tornano alle loro case, dove forse li aspetta
qualcuno; la cena pronta ed il sorriso stampato in faccia. Adesso invece non
c’è nessuno e solo l’eco dei tuoi piedi nelle scarpe troppo grandi ti risuona
nelle orecchie. Proprio questo è il momento in cui pregheresti di incontrare
qualcuno, se la paura che sia uno sconosciuto non ti bloccasse il respiro
rivestendo i tuoi polmoni di uno strato di ansia rarefatta.
Una serie infinita di piccoli negozi in cui si rivendono
oggetti provenienti da cantine svuotate segna il profilo dei palazzi che si
stagliano bui alla tua sinistra. Sono oggetti che provengono da decenni e stili
di vita che non ti appartengono. Lanci una rapida occhiata dentro le vetrine di
alcuni di questi e vedi nell’ordine: un divano anni 70 con la stoffa delle
sedute rovinata con una lampada che gli pende sopra, una palla di vetro
precaria, un comodino di legno con due cassetti, una serie di animali orribili,
argentati, tra cui un grosso felino che ti guarda brillando di una luce che non
ha origine, la ricostruzione in cartone di una carrozza rosa. Ti ci immagini
per un attimo dentro, vestito da principessa. Pensi ad una ragazzina a
carnevale vestita del suo imbarazzo, il rossetto sbavato ai lati della bocca
che non apre per paura di arrossire.
Svolti a sinistra e ti rendi conto solo dopo qualche passo
che stai andando nella direzione sbagliata e nonostante questo non riesci ad
invertire la rotta. Vorresti incontrare lei, che hai visto qualche settimana fa
alla cassa del supermercato. In fila, le cuffie nelle orecchie, in mano solo
una bottiglia di vino e del formaggio. Lei, con la faccia più semplice che tu
abbia mai visto. Nessun segno particolare, la pelle morbida, un naso, una
bocca, due occhi. Niente di scomposto, di fuori luogo eppure tutto a disagio
con l’ambiente circostante. Potrebbe vivere in quel quartiere ma ti rendi conto
che questa non può essere una certezza. Eppure l’idea che in quel momento sia
proprio dietro l’angolo, che torna a casa da una giornata durata molto più del
previsto e senta lo stesso freddo che senti tu, ti fa sentire meno solo. Ovunque
lei sia sai di adorarla, e questo già ti basta.
Osservi la punta dei tuoi piedi entrare ed uscire dal tuo
campo visivo. Cammini spostando il peso da una gamba all’altra con movimenti
cadenzati, a dare ritmo ai tuoi pensieri che hanno sbagliato strada come te.
Ti ritrovi in una strada che non hai mai visto e ti accorgi
di aver raggiunto il fiume. L’acqua scorre lenta anche di notte e questo ti
stupisce. Scegli il punto dove senti più freddo, dove l’umidità spinge sulla
tua giacca leggera con forza per entrare. Bussa sulla tua pelle per farsi
spazio tra le tue ossa e tu le apri senza paura. Ti fermi per un tempo
indefinito, sempre in equilibrio tra il troppo lungo e il troppo breve. Tiri
fuori una mano dalla tasca e ti cadono le chiavi, che sferragliano sulla strada
ricoperta di foglie.
Poi ti giri e te ne vai, stringendo il mazzo saldamente nel
pugno chiuso, è ora di tornare a casa dove il solito vuoto ti aspetta. Stringi
anche la consapevolezza della catastrofe, la fai passare tra le dita, dal
mignolo al pollice con una sequenza ordinata. Questo la fa sembrare già finita,
ordinata mentre si scioglie nelle parole che non avresti mai il coraggio di dire
alla ragazza del supermercato.
Domani è domenica e non uscirai, probabilmente sarà il
giorno più bello della tua vita.
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