"oddio mi sento le caviglie in catene"

lunedì 12 ottobre 2015

Senza titolo 27 - Speranza



Siamo qui di fronte alla porta di questo negozio, ai confini della città. Aspettiamo che apra.
Sono le due e mezza di un caldissimo pomeriggio d’estate e l’asfalto del parcheggio si scioglie sotto le nostre scarpe.
Da dove vengo io la gente non si ferma mai. I negozi non fanno pausa pranzo, le commesse mangiano panini in piedi dietro le porte dei ripostigli. Lo fanno quasi al buio, con la faccia illuminata solo dalla luce blu, spersonalizzata, dei loro cellulari ultima generazione. Qui invece, in questo nulla di periferia, c’è una calma irreale che ti si appoggia addosso aderente come la tenda di plastica di una doccia troppo stretta.
In questo momento ho paura. Guardo i tuoi occhi, gli stessi che per ora tieni fissi sulla lingua nera a pochi metri da noi. E’ una lingua vuota su cui si è fermato il sapore delle ruote di camion e di sabbia e di acqua di pioggia acida. Vedo le parole di un discorso che non faremo riaffiorare piano. Le vedo sciogliersi nella tua bocca, le vedo fermartisi, in stallo, in gola. Mi guardo riflessa nel parabrezza sporco della tua utilitaria e mi vedo deformata. Poi, mi guardo riflessa nella tue mani che vedono una me che non capiscono più. Ma comunque trasudano fiducia. La stessa, cieca, che hai riposto in me alimentando insicurezze. Penso che vorrei dirti che sto cercando una cura, che so che hai provato a dare il meglio di te. So, io so, conosco tutto. Siamo due gocce strappate dalla stessa acqua che ora dissetano persone diverse.

Alla fine resto in silenzio anche io. Lascio alle cicale il compito di riempire la distanza che ci separa.
E in quest’aria immobile ti leggo e mi lascio leggere. E penso a quanto sia straordinario il fatto che tu senza tirare via l’involucro e girare la prima pagina, senza neppure prelevare il libro dagli scaffali di questa libreria ancora vuota, tu sappia già quale sarà il finale.

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